Benin: anche medici italiani nella lotta al coronavirus

La recente pandemia dovuta al Covid19 fa pensare a ciò che è successo quasi sei anni fa, quando, nel novembre 2014, nella città di Tanguiéta (Nord Benin) si era registrato un focolaio di febbre emorragica di Lassa. Oggi come allora gli aiuti del Gruppo Solidarietà Africa (GSA) di Seregno (MI) si sono subito attivati per fornire un sostegno alla lotta contro l’epidemia di Covid19

Il 19 marzo sera di quest’anno, il Dr. Paolo Viganò, Primario Infettivologo all’Ospedale di Legnano, mentre nel suo ospedale l’epidemia assumeva dimensioni sempre più allarmanti per ricoveri in rianimazione e terapie intensive con alcuni decessi, scriveva al Direttore Sanitario Fra’ Fiorenzo Priuli dell’Ospedale di Tanguiéta, per fornirgli una serie di indicazioni terapeutiche per curare la malattia epidemica, ne caso la stessa situazione si verificasse nel nord del Benin.

Alla fine del mese di aprile la situazione aggiornata, comunicata dal Governo del Benin, registrava in tutto il Paese 64 casi di contagio, di cui 30 in trattamento, 33 guariti e 1 deceduto. Ai primi di maggio il Governo ha altresì comunicato l’arrivo di 12.000.000 € di mascherine, che sono state prontamente distribuite alla popolazione beninese.

Negli stessi giorni, lo stesso Direttore Sanitario di Tanguiéta, riguardo il punto fatto ufficialmente dal Ministero, scrive che “a Tanguiéta non è accaduto niente di quanto temuto; per fortuna, un po’ la chiusura delle frontiere e la nostra (a volte esagerata) selezione degli ammalati che si presentano all’ospedale ha fatto sì che in ospedale fino ad oggi non si è verificato un caso sicuro o quantomeno confermato”

Continua il Fiorenzo Priuli: “L’ospedale si è svuotato, perché la gente teme di contrarre il virus proprio al suo interno. La cosa grave è che la gente muore nelle proprie case o in quelle dei guaritori. Non ha tutti i torti: gli ammalati di Covd19 che arrivano negli ospedali del Benin sono già in condizioni gravi, complicate, ed hanno bisogno di terapie intensive molto costose. Essendo il nostro un ospedale privato, che si mantiene con le pur ridotte parcelle pagate dai pazienti, alla fine del mese diventa impossibile pagare gli stipendi al personale sanitario impiegato. In ospedale ci sono attualmente solo 140 degenti su 421 posti letto.”

Il medico si lamenta: “I costi fissi restano e le entrate sono ridicole perché viene a mancare tutto l’indotto della radiologia, farmacia, endoscopia, ossigenoterapia, ecc. È una situazione che non dovrebbe durare a lungo, ma ringraziamo il Signore che per ora siamo risparmiati dal peggio”.

Invece all’ospedale pediatrico di Sokponta, nella zona centrale del Benin, vicino a Dassà, si è verificato un solo caso di contagio da Covi19: un giovane 17enne, abbandonato da un camionista, che è stato recuperato successivamente dal Direttore sanitario del Dipartimento delle Colline e portato a Cotonou, come ci comunica il Dr. Di Menza, Presidente dell’Ospedale e dell’Associazione “L’abbraccio Onlus” che lo ha costruito.

Sempre nella prima settimana di maggio il GSA di Seregno, il Fatebenefratelli di Milano e L’abbraccio hanno spedito per via aerea, con la collaborazione del Console del Benin a Milano, Prof. Valentino Del Grande, i presidi e dispositivi di protezione per i rispettivi ospedali e per altre associazioni operanti in Benin.

Valentino del Grande, Console del Benin per l’Italia del Nord

 

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Autore: Valentino del Grande, Console del Benin per l’Italia del Nord
Titolo dell’articolo: Benin: anche medici italiani nella lotta al coronavirus
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